NINE BELLS
Tom Johnson
Composta nel 1979, Nine Bells esplora le molteplici combinazioni di 9 campane sospese in una griglia 3 × 3, dove ogni campana è situata a circa 2 metri di distanza dalle altre. La musica è prodotta dai rintocchi delle campane, seguendo precisi percorsi intorno all’installazione. Il pezzo induce quindi a camminare moltissimo, più o meno rapidamente, e il rumore dei passi è parte integrante dell’opera. Esplorando sistematicamente tutti i possibili percorsi, dal momento che il percussionista colpisce ogni campana al suo passaggio, ne risultano anche tutte le possibili melodie. La performance è allo stesso tempo un esercizio fisico piuttosto impegnativo per il performer ma anche un evento di grande impatto visivo per il pubblico. Come in molte sue opere, la teoria e la pratica diventano un tutt’uno per nulla astratto: la struttura del pezzo si vede e si sente allo stesso tempo.
“(…) In Nine Bells, camminando intorno alle mie campane, la logica adottata è sopratutto geometrica, la quale è molto più facile da osservare che da sentire: visualizzando prima le rotazioni, quindi calcolando la sequenza delle note, sono riuscito a trovare una logica rigorosa e udibile per ciascuno dei nove movimenti. Più tardi, durante l’esecuzione di questo pezzo, ho a volte avuto una sensazione molto strana; dopo aver suonato la prima nota, muovendo il piede sinistro subito all’inizio del primo ciclo, l’esperienza è stata molto diversa da quella
dell’esecuzione di qualsiasi altro tipo di musica: è stata la sensazione di cominciare qualcosa di completamente inevitabile, qualcosa che non riuscivo a smettere, ed era chiaro che i miei piedi stavano per portarmi attraverso la sequenza, anche se la mia memoria falliva, o se sopraggiungeva la stanchezza, o se il pubblico se n’era già andato. Ero una specie di burattino guidato da una certa inevitabile logica musicale-geometrica che aveva poco a che fare con la mia forza di volontà. Si potrebbe dire che ero diventato solamente una macchina, ma è stata un’esperienza molto piacevole.” (Tom Johnson)